Tò Neves allena il Porto, capolista portoghese e finalista dell’ultima Eurolega; lui è un vincente. Nella sua carriera ha conquistato tutto, al club e in nazionale: due mondiali e quattro europei, due euroleghe, dieci campionati e otto coppe portoghesi. Da giocatore è stato emblema dei Dragões del Porto (draghi, da un vezzo della regina Maria II che consegnò alla città i draghi del suo stemma); una bandiera. “Ho sempre coltivato l’autostima” disse “Sono poco simpatico. Ma sono sempre stato tale!” Il fatto di fidare sulla propria forza, in passato, ha fatto sì che, a volte, mandasse la squadra allo sbaraglio; proprio a Valdagno subiva un paio di lezioni memorabili da una squadra trainata da Nicolia, in contropiede. La sconfitta alla decima finale di Eurolega, l’anno scorso, lo ha reso cauto. Il Porto ora sa giocare con più equilibrio, in maniera un po’ meno spavalda, quasi spagnola. A Valdagno i lusitani, in completo biancoblu, entrano in pista con uno “starting five” anomalo: in porta Nelson Magalhaes, Hélder Nunes (dato in scarsa forma), il mitico 66, Reinaldo Ventura (o Rei), Ricardo Barreiros e Jorge Silva: panchina reale con Rafa, Caio, Vítor Hugo, Moreira e Edo Bosch.
Valdagno entra in arancione, con il nuovo quintetto post Tataranni: Cunegatti, Ghirardello, Lopez, Oruste, e Ordoñez, neo capitano. Come nella saga tolkieniana dell’Hobbit sa di andare contro un possente drago, armato solo di un’unica possibilità, una freccia nera che si chiama “cuore”. I ragazzi di Vanzo non devono sbagliare nulla e mirare diritti all’unico punto debole della corazza del drago, una scaglia mancante, un punto nero: la presunzione di Neves. La partita è decisiva, perdere oggi vorrebbe dire giocarsi tutto a Vendrell: impresa che diverrebbe molto complicata. Fischiano i due galiziani Garcia e Fernandez, arbitri di una fiscalità impressionante; alla fine scontenteranno tutti distribuendo rigori come noccioline.
Ordoñez è il valdagnese più temuto, marcato a uomo da Reinaldo Ventura. Il primo impatto è rapido con le due squadre che si affrontano a viso aperto. Viene da pensare che Tò Neves lasci divertire i suoi: buon segno. Subito arriva un rigore per Valdagno; è passato un solo minuto e Ordoñez se lo fa parare. Per cinque minuti la gara è intensa, caratterizzata da molte imprecisioni. Il Porto macina più gioco, ma gli arancioni veneti sono attenti e volano in contropiede. Lopez prova più volte da fuori con i lusitani ben schierati, che non lasciano passare pericolosi tiri da fuori. Quando ripartono loro, sono letali, con Silva e Barreiros a velocità doppia. Mancano 15 minuti quando Helder Nunes riprende una palla dietro porta, gira sul palo sinistro di Cunegatti e l’accompagna in rete: 0-1. Il Valdagno reagisce con alcune iniziative di Ordoñez, ma non fa male davanti. Lopez ruba una palla a metà pista e parte da solo, tenta l’alza e schiaccia, ma Magalhaes ci arriva. Man mano che il tempo passa ci si rende conto come sia difficile bucare la collaudata difesa portoghese. Arriva il momento di rifiatare ed entrano in sequenza Vitor Hugo per Silva, poi Rafa Costa, Moreira e Caio. Valdagno cambia Oruste con Bicego (volitiva prova del ragazzo locale). Notare che il vantaggio del Porto sono i cambi è lapalissiano, ma, sia Bicego, sia Bertoldi (gara maiuscola) faranno ricredere i miscredenti. La partita ora traccheggia, senza gloria, interrotta spesso dagli arbitri, cui vanno a noia i blocchi. Mancano quattro minuti al riposo e Caio (Oliveira) fa cantare il palo, poi arriva il rigore per i portoghesi; va sul dischetto o Rei, Ventura e fa 0-2. Valdagno accusa il colpo e sembra prendere atto della superiorità tecnica degli avversari; solo i falli di squadra sorridono, 6-9 pro padroni di casa e tutti in attesa del decimo portoghese. La sufficienza lusitana si materializza a 30 secondi dalla sirena: Ordoñez scende e i difensori raddoppiano la marcatura, liberando un valdagnese. Lucas vede Bertoldi al centro, lo serve e lo spilungone silura dritto in rete l’1-2. Torna la fiducia.
La ripresa si apre con Edo Bosch che riprende il suo posto tra i pali dei dragoni. Rientra anche Oruste ripristinando lo “starting five” valdagnese contro Caio, Moreira, Barreiros e Jorge Silva. C’è un Valdagno diverso e motivato in pista. La squadra di casa inizia con ritmo, recuperando molte palline. Mancano 23 minuti quando arriva l’atteso decimo fallo di squadra. Ordoñez va sul dischetto, Bosch si muove prima, con tutta la sua arte, ma l’argentino scarta e pareggia: 2-2 ed ovazione. Il Valdagno è ancor più galvanizzato, spinto da un Vanzo animato alla balaustra; scatta veloce Maxi Oruste, ma Bosch si supera ancora. Poi lo stesso ragazzo argentino centra il palo e Bosch batte a terra la stecca con stizza, urlando giaculatorie agli Dei. Il Palalido è, adesso, una bolgia di tifo e scatena gli arancioni; di fronte il Porto pare poco attento. Al minuto 18.13 si assiste ad un capolavoro corale dei veneti; un’azione rapidissima arriva a Bicego, che gira un veloce assist a Bertoldi: 3-2, apoteosi. Adesso è Tò Neves che intona un fado dai toni epici. Il Porto non ci sta e, come a forte Apache, assedia la porta di Cunegatti (stasera in gran spolvero); Ghiradello addirittura toglie una palla, dalla porta vuota, con la stecca, durante una superiorità numerica portoghese. I biancoblu ospiti sentono il pericolo di una sconfitta; potrebbe non contare nulla ai fini della classifica, ma si deve salvare l’onore. Valdagno, super cuore, trepida attendendo il rientro di Ordoñez e soffre. Mancano 12 minuti alla fine e arriva un altro rigore per il Porto; dalla panchina esce solenne Reinaldo Ventura a fare il 3-3 di potenza. Siamo al “colpo al cerchio e alla botte” e giunge anche un rigore per i valdagnesi; purtroppo quest’anno non vanno e Ordoñez esalta Edo Bosch. A 8.18 dalla fine scatta Helder Nunes in ripartenza, dopo un’azione di Lucas Ordoñez: Porto ancora avanti, 3-4. Valdagno però non molla, Cunegatti fa un miracolo, salvando la porta. A cinque minuti e mezzo dal fischio finale, Ordoñez va all’uno contro uno, danzando con la palla, finta, scarta di lato, gira l’avambraccio e insacca di rovescio come Zorro: 4-4.
E siamo allo spettacolo puro dell’hockey. A cinque dalla fine, Bertoldi, sfortunato, da terra ferma un palla in area; ennesimo rigore e Ventura sorge ancora dalla panchina, come un dio minore, stavolta sbaglia. I portoghesi protestano e Vitor Hugo subisce un cartellino blu, nessun diretto perché il gioco era fermo, ma la superiorità numerica non è sfruttata dai veneti. Mancano tre minuti e suona sinistro un palo di Cunegatti; corrono brividi sugli spalti. Valdagno sbuffa come un toro seccato, riparte e tira. Ad un minuto dal termine partono assieme i due argentini, la doppia “O” dell’Agno, Oruste-Ordoñez; tocca a Lucas insaccare il 5-4 tra gli urli dei tifosi. Ora sono i Campeões a schiumare rabbia. Ancora solo 45 secondi al termine e “Rei” Reinaldo Ventura fa il pari: 5-5. Potrebbe finire qui il match, ma Valdagno non smette di osare e pressa davanti. Nella frenesia di fine gara Ordoñez aggancia casualmente Caio, che cade. Si dice che gli arbitri spagnoli non danno Blu per questi contatti; ma questi sono galiziani, sentono le maree: tiro diretto Porto a un secondo e sei decimi dalla sirena. La curva inveisce in veneto arricchito, le tribune si afflosciano con un “ooh” rassegnato; un arbitro consegna il match al Porto e a norma di regolamento (fosse stato a Lisbona, in un Benfica-Porto, ci avrebbe pensato almeno un secondo e sei decimi); il collega allarga le braccia come a dire: “Io che c’entro?”. Nessuno ha il coraggio di guardare Cunegatti affrontato da Caio Oliveira, sul secondo dischetto. Il “gatto” scatta felino (ci mancherebbe) e para, regalando un bel pari al Valdagno al thriller finale.
Abbracci gioiosi tra tutti, Vanzo esce mostrando la maglia da Ultras e ora tocca al Vendrell.