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Riprendiamoci quei soldi e costruiamo il nostro futuro


Scritto da Marcello Bulgarelli - Pubblicato il 15/06/2010
E’ passato quasi un mese dal giorno in cui le società dell’Emilia Romagna hanno reso pubblica la loro lettera aperta al presidente federale Sabatino Aracu (leggila qui). In questo breve lasso di tempo quella lettera è stata al centro di numerose discussioni tra i dirigenti di società sparsi sul territorio; in tanti ne hanno condiviso le argomentazioni e qualcuno si appresta a farlo in forma ufficiale, dando così corpo allo scontento che serpeggia da tempo nel mondo dell’hockey su pista a cui le società emiliane hanno dato voce.
Una voce che pare non avere la Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio e, in particolare, i consiglieri federali che rappresentano l’hockey su pista. Da loro non una risposta, né a parole né scritta, non un riscontro sui problemi che quel documento ha messo sul tavolo. L’unica voce che è uscita dal bunker di viale Tiziano è un laconico “non ci sono soldi per progetti ambiziosi”.

L’obiezione lascia il tempo che trova per due motivi.
Primo. Molte delle cose scritte in quel documento si possono risolvere senza spendere un euro; serve solo la volontà di farlo. Rispettare lo Statuto non costa nulla, così come non costa nulla introdurre le modifiche al CTA. Non costa nulla dare il via ai settori tecnici regionali e non costa nulla spremersi il cervello per scrivere (magari assieme a tutti i protagonisti del nostro mondo: dirigenti, atleti, tecnici e arbitri) le linee guida di un progetto ambizioso.
Secondo. Non è vero che i soldi non ci sono. Il problema è che i soldi sono spesi male, soprattutto quelli destinati all’hockey.

Negli ultimi 15 anni i nostri consiglieri federali (tutti espressione dell’hockey su pista, dal primo all’ultimo) hanno tutti insieme avallato una scelta risultata deleteria per l’hockey su pista: dividere soldi e strutture con l’hockey in linea. Una scelta sbagliata, miope e suicida che è ora di rivedere alla luce del fallimento del progetto originario dell’hockey in linea.
Ci scuseranno i sostenitori di questa recente disciplina; non ce l’abbiamo con loro, ma con il metodo scelto da Fihp (con l’avallo dei nostri consiglieri) per tenerla in piedi solo ed esclusivamente a scapito dell’hockey su pista.

Vale la pena fare un passo indietro. Nel 1997 l’hockey su pista italiano vince il suo ultimo mondiale mentre l’hockey italiano attraversa una crisi profondissima. Sono gli anni in cui l’hockey scompare da molte realtà (Monza su tutte) con la chiusura di decine di società. Fihp perde il treno per sfruttare il successo della nazionale e quando, alle soglie del nuovo millennio, fa capolino l’hockey in linea, i nostri dirigenti federali rimangono folgorati sulla via di Damasco. Vedono lì il futuro, gli sponsor, la soluzione a quella crisi che la loro stessa mancanza di idee e di capacità di governo ha generato.
Di fronte a questa visione i nostri consiglieri non chiedono a Fihp un finanziamento straordinario per il lancio di una nuova disciplina. Non lo fanno proprio perché il progetto è quello di sostituire l’hockey pista con il nuovo hockey in linea. Non è un progetto clandestino: basta rileggersi alcune dichiarazioni del tempo per rendersi conto che si pianificò la scomparsa di una disciplina con 70 anni di storia alle spalle a favore di un’altra appena nata. In nome di questo progetto prendono metà dei soldi destinati all’hockey su pista e, dopo una guerra a suon di carte bollate con la Federghiaccio (purtroppo vinta) li investono sull’hockey in linea.
Come tutti i fenomeni giovanili, la moda dell’hockey in linea dura lo spazio di una stagione. Dopo 15 anni questa disciplina è, almeno in Italia, priva di una propria identità, lontana dai giovani, lontanissima dal pubblico, sconosciuta quando non invisa ai grandi media. Quel progetto di sostituzione dell’hockey su pista con l’hockey in linea è miseramente e definitivamente fallito. Per fortuna.
La sola cosa che resta è quel 50% di finanziamenti sottratti all’hockey su pista e dati all’hockey in linea che è giunta l’ora di riprendersi. Giusto per comprendere di che cifre significative si parla cito solo la partecipazione delle nazionali italiane di inline (maschile, femminile, junior) alle attività internazionale con 10 campionati del mondo senior, due juniores, un mondiale femminile e persino i World Games di Pechino nel 2009; il tutto con comitive molto più numerose rispetto a quelle dell’hockey su pista, dato che la rosa di giocatori dell’hockey in linea è composta da 16 persone. Negli stessi anni le nazionali di hockey su pista affrontavano i campionati in giro per l’Europa senza preparazione e muovendosi il più delle volte con un torpedone…

E’ giunto il momento che Fihp si faccia carico nel suo complesso del finanziamento dell’hockey in linea, sottraendo a tutte le specialità e non solo all’hockey su pista.
Se non sarà così, è giusto che l’hockey su pista chieda al Coni di sancire la propria autonomia da una Federazione che, pur avendo contribuito a fondare, tratta il nostro sport come residuale nonostante il clamoroso ed indubitabile successo mediatico e di pubblico degli ultimi anni.

Dei soldi che i nostri lungimiranti dirigenti hanno a suo tempo regalato all’hockey in linea abbiamo bisogno per riportare l’hockey su pista italiano a vincere in Europa e nel mondo.
Ne abbiamo bisogno per formare tecnici, dirigenti, arbitri in grado di convivere con il successo di pubblico che stiamo attraversando e al quale non siamo arrivati preparati. Ne abbiamo bisogno per fare in modo che i nostri atleti tornino ad essere i migliori al mondo e il nostro hockey il più spettacolare al mondo. Ne abbiamo diritto perché l’hockey su pista genera da solo un giro di affari e procura a Fihp una visibilità come nessun’altra disciplina affiliata a questa Federazione riesce a fare.

E’ ora che Fihp e i nostri consiglieri federali si diano da fare per ripristinare un corretto stato delle cose. L’hockey in linea abbia suoi dirigenti, sue strutture (un proprio settore tecnico, una propria Lega Hockey), suoi arbitri e un suo budget, così come lo hanno discipline altrettanto recenti come lo skiroll o il freestyle. E il budget per l’hockey in linea sia ricavato non da quello dell’hockey su pista, ma da quello dell’intera federazione.
Gli amici dell’in line vadano per la loro strada (cosa che tra l’altro chiedono da tempo), noi per la nostra. Siamo due sport completamente diversi per storia e per prospettive; possiamo anche stare sotto lo stesso tetto di mamma Fihp (se questo può avere una utilità anche in futuro), ma almeno in due camere separate.

Marcello Bulgarelli
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