Le domande potrebbero essere, ad esempio: a cosa porterà il nuovo assetto federale? Come si comporteranno gli enti locali per gestire le infrastrutture sportive? Sarà la TV a rilanciare lo spettacolo? Per gli atleti è ancora divertente giocare ad hockey? ecc. Proviamo ad introdurre il primo argomento, la dirigenza, e vediamo cosa ne scaturisce.
Non parliamo della dirigenza delle società, che è quella, nel bene e nel male, sempre uguale, che porta sulle spalle speranze e preoccupazioni; la sua staticità nel tempo, in contrasto con quanto gli Statuti sembrano dover prevedere, fa assomigliare il mondo dell’HP sempre più a quello del volontariato ONLUS: le stesse persone inamovibili a “tirare la carretta” assieme ad una completa assenza di forze nuove che diano un po’ di dinamismo.
Parliamo, invece, della dirigenza dell’intero movimento sportivo: Federazione (FIHP) e Lega (LNH).
In Europa, ma anche a livello mondiale, si respira aria di crisi. Nel consuntivo di fine stagione il presidente del CERH dice con molta chiarezza: “Il CERH ha dovuto rinunciare a parte dei suoi introiti e, in alcuni casi, ha dovuto aiutare gli organizzatori di eventi per consentire il loro regolare svolgersi”. Mancano i soldi insomma.
In qualche parte del mondo mancano i fondi e non c’è un chiaro indirizzo politico. Un paradigna è la nascita della federazione hockey argentina (FAHP), sorta nella regione dl Cuyo, province di Mendoza e San Juan (la culla dell’hockey albiceleste). In primavera ha preso corpo una rivoluzionaria “secessione”, in forte polemica con la federazione nazionale (CAP). La rivolta ha reso indipendente l’HP dalle altre specialità del pattino argentino, ma anche dall’hockey della stragrande maggioranza del territorio, magari con meno tradizioni sportive dei subandini.
La scissione, al momento, rischia di isolare le province cuyane (patria del “patin”) dal resto del paese, piuttosto che rilanciare il movimento, come scritto negli intenti dal presidente FAHP, Velazco. La risposta dei dirigenti hockey portegni di Buenos Aires è stata durissima: “Ci sono dirigenti locali che si fanno passare per regionali solo per ambire a un controllo nazionale!”
Anche in Spagna mancano i fondi, ma le idee sono più chiare. Recentemente il BOE (la loro Gazzetta Ufficiale) ha pubblicato il Piano Formativo per tutte le specialità sui pattini, a cura della federazione e soprattutto del Ministero dell’Educazione, Cultura e Sport. Di fatto il documento ha promosso l’HP come attività educativa NAZIONALE (non solo catalana), regolamentando l’insegnamento della disciplina, attraverso rigorosi parametri tecnici, e, indirettamente, assicurando anche fondi statali al movimento.
La Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio ha oggi 90 anni. Nacque infatti nel 1922, coincidendo con l’esordio di due fatali utopie per l’umanità: la marcia su Roma e la creazione dell’URSS. Sorse per merito del conte Alberto Bonacossa, un “tuttosportologo” diremmo oggi, poliedrico, atleta e giudice allo stesso tempo e infine giornalista ed editore della rosea, la Gazzetta dello Sport. Ai suoi tempi era usuale pagare di tasca propria, mentre oggi si fa il cosiddetto fund raising, si “accatta li sordi in giro”.
Come in Europa, come in Spagna, pure da noi la Federazione manca di fondi (qualcosa pare si sia perso per strada) ed ha adottato la politica dello Spending Review. Il Consiglio Federale uscente, infatti, era formato da sei membri per ogni specialità (artistico, corsa, hockey - incluso in-line), in tutto 18 consiglieri (3 dei quali erano tecnici e altri 3 erano atleti). Il nuovo Consiglio avrà solo 7 membri, più due per gli atleti (un maschio ed una femmina) ed uno per i tecnici; non importa di quale specialità. Teoricamente in Consiglio l’HP potrebbe essere anche del tutto assente, poiché tutti gli atleti eleggono i due atleti, tutti i tecnici eleggono il consigliere tecnico e tutti i dirigenti ne eleggono sette tra di loro.
La situazione uscente dell’HP vede la presenza dei seguenti dirigenti: Claudio Bicicchi, anche vice presidente federale, Roberto Guerra, Francesco Rossi, Daniela Gallina (dimessasi ma con dimissioni respinte), Alessandro Cupisti per gli atleti e Cesare Baiardi per i tecnici (dimessosi per un nuovo incarico assunto al posto di Cesare Ariatti).
Per gli atleti non è difficile ipotizzare che i futuri consiglieri potrebbero arrivare dalle specialità Artistico (la donna) e Corsa (l’uomo), per i tecnici tutto è possibile e per i dirigenti si spera che uno o due dei sette saranno hockeystici (in-line come sempre incluso). Si passerà quindi da sei “addetti ai lavori” a molto meno; ergo vivere o sopravvivere?
La prima cosa che colpisce l’osservatore è che le due specialità assimilate (pista ed in-line) dovranno cercare un unità di programmi per poter giungere a far parte del Consiglio stesso, sostenendosi l’una con l’altra. Per l’HP, tuttavia, il dato negativo rimane, ovvero quello della riduzione del numero dei consiglieri in FIHP. L’evento nasce per una necessità di snellire le procedure, tagliando il consiglio federale più su un modello di Esecutivo agile, invece di un organo più costoso e complesso da convocare.
Il “rovescio della medaglia” potrebbe essere l’assenza o lo scarso peso di una delle discipline incluse nella rotellistica, drammatica soprattutto quando si andrà a distribuire le già scarse risorse economiche. Un’asfissia da mancata rappresentanza potrebbe qui diventare esiziale.
Il timore non sembra nemmeno “politically correct” parlando di uno sport che comunque muove masse di spettatori e non solo masse di genitori, che vanta contratti televisivi e visibilità mediatica, soprattutto sul web.
A questo proposito va decisamente sottolineato come la il nuovo assetto federale, di fatto, farà enormemente crescere potenzialità e responsabilità politiche della Lega HP, ovvero dell’insieme delle società sportive, costituite in assemblea democratica. La nuova Lega diverrà sicuramente un soggetto politico molto più incisivo dell’unico consigliere federale (o dei due). Perché questo accada è necessario che la Lega sia decisamente soggetto unico e non un insieme di complementi oggetto sgrammaticati. Significa che le società dovranno prendere atto della perentoria necessità di dover collaborare unite, abbandonando disfide provinciali, presentandosi compatte.
La ricerca di una personale autonomia decisionale, con gruppetti sparsi all’interno della Lega stessa, non porta certo a ricreare modelli argentini di indipendenza (là sono due province, in pratica due regioni e quasi 3 milioni di abitanti, qui sarebbe solo un ridicolo campionato provinciale).
Il desiderio poi di autoreferenziarsi come portavoce ed eroe di fazione, in alcuni contesti assolutamente legittimo, per carità, diventa un temibile boomerang in tempi di ristrettezze finanziarie. Di questi tempi, pensateci, o si portano in tasca tanti soldi e si diventa “Salvator di Patria” a pieno diritto bancario, o si rischia la fine degli imbonitori squattrinati; Carlo Pisacane che sbarca a Capri .. absit iniuria verbis.
A Roma potrebbero dire, commentando il nostro HP: “Eran 300, eran giovani e forti .. e sono morti!”