Ormai è un veterano. Leonardo Barozzi da Viareggio è giunto al suo quarto mondiale. Cifre da grande atleta, numeri che contrassegnano una significativa continuità ad alto livello.
Essere il portiere della Nazionale italiana significa avere una grande responsabilità sulle spalle. E se Leo è ancora lì, dopo otto anni a difendere la gabbia azzurra, allora significa che ha mezzo piede nella storia di questo sport. Ma il bello è che Barozzi non appare ancora aver toccato l’apice della carriera.
L’esperienza che sta vivendo, lui è gli altri azzurri è nuova, ben differente dalle altre. Montreux, Vigo e San Juan sono lontane anni luce dalla terra dei leoni. Ma com’è l’Angola vista da dentro?
"L'impatto con l'Africa è stato significativo – esordisce Barozzi - Ti rendi conto di essere in un mondo totalmente diverso. Abbiamo percorso il tragitto dal palazzetto all’hotel e abbiamo visto come accanto a luoghi importanti come banche e grattacieli ci siano aeree dove l’espressione “terzo mondo” è più che mai giustificata. Ho cercato di descrivere anche a casa ciò che stiamo vivendo, ma è veramente difficile trovare le giuste parole. È davvero una esperienza che ti lascia un importante segno dentro: vedere gente che vende di tutto sui marciapiedi o bambini che rincorrono galline nei cortili delle baracche non è cosa da tutti i giorni".
Come un mondiale di calcio
Mettiamola così: non sembra nemmeno “hockey”. Aerei personalizzati, scorte armate, pubblicità a livello planetario. Vi sentite, com’è giusto che sia in qualità di atleti, un filo più “importanti” e magari responsabilizzati?
"Qui sembra che si stia per svolgere un mondiale di calcio. La polizia ci apre varchi in mezzo al traffico per evitare le interminabili code, un paio di agenti piantonano giorno e notte l’ingresso dell’hotel. Sono cose che non avevamo mai provato. Ti fanno sentire che andrai a disputare un grande evento. Questo ci riempie di orgoglio e ci da tanta carica".
Scendendo nel tecnico e parlando ormai da veterano in maglia Azzurra, che torneo sarà?
"Credo che sarà un mondiale molto equilibrato, con potenzialmente sei squadre che possono dire la loro. Sono le solite Argentina e Portogallo, con noi, Angola e Mozambico nel ruolo di outsider. La Spagna non è più la schiacciasassi di qualche anno fa, ma rimane in ogni caso la netta favorita".
Il lavoro paga
Il clima appare sereno e avete lavorato in tutta tranquillità: è giusto pensare che, dopo l’ottimo terzo posto di Paredes 2012, gli Azzurri siano più vicini alle altre tre grandi? Una medaglia cosa significherebbe?
"Abbiamo costruito un gruppo fantastico, lo dico sinceramente. Come ho detto il mondiale sarà molto equilibrato e difficile già dalla prima partita col Mozambico, che affronteremo con tutto il pubblico a sfavore (pensate, i biglietti sono già esauriti!). Puntiamo ad entrare fra le prime quattro e li poi avremo le nostre carte da giocare".
Leonardo è un ragazzo cresciuto lavorando tanto ed ormai è sulle orme dei vari Parasuco, Cupisti e Cunegatti. Sogni nel cassetto ed obiettivi da raggiungere?
"Sicuramente ottenere un successo con la Nazionale sarebbe qualcosa di fantastico. Poi mi piacerebbe continuare a giocare e vincere ad alti livelli come fino ad ora ho avuto la fortuna di fare. E magari un giorno poter essere ricordato dopo i nomi hai appena citato."
Leo, amante dello sport a 360 gradi, in cuor suo spera di ricalcare le orme della Nazionale di basket, partita per spacciata all’Europeo in corso e poi ritrovatasi a lottare per un posto nel mondiale 2014. Uno spirito di gruppo ed una coesione incredibile fanno ottenere risultati insperati: può essere possibile anche per l’Italhockey?
"Ho avuto modo di seguire l’avventura degli Azzurri del basket. Credo che da loro dobbiamo apprendere la grande forza di volontà, la compattezza dell’ambiente anche nelle difficoltà e lo spirito di sacrificio!"
I presupposti per tornare dall’Angola con in tasca un buon risultato ci sono tutti. Parola di veterano.