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Franco Vanzo: "Noi ci abbiamo sempre creduto"


All'indomani del trionfo sul Viareggio che ha regalato a Valdagno il secondo scudetto in tre anni, abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Franco Vanzo, allenatore neo campione d'Italia, reduce da una notte di festeggiamenti. Gli abbiamo chiesto di ripercorrere la stagione dei biancocelesti e di raccontarci come è stata costruita una squadra capace di vincere il titolo dopo una regular season così così.

Scritto da Redazione - Pubblicato il 18/06/2012 - 20:19 - Ultima modifica 04/07/2012 - 08:13

Franco Vanzo, allenatore campione d'Italia con il Valdagno.

Foto Marzia Cattini

Com'è svegliarsi e ritrovarsi campione d'Italia di hockey su pista? Te lo aspettavi?
"Potrei dirti che non so com'è perchè in realtà non siamo ancora andati a dormire. A parte questo il giorno dopo è piacevole perchè ti l'adrenalina e la tensione scendono e ti rendi conto meglio di quello che hai fatto. A novembre, quando ho preso in mano la squadra ci credevo e ci puntavo perchè c'erano i presupposti per vincere. I giocatori di questa squadra non li scopro certo io: in questo Valdagno ci sono valori tecnici e umani importanti. Ci credevo e ci speravo anche quando eravamo quarti in classifica e molti dicevano che non era l'anno giusto, ma noi non abbiamo mai smesso di lavorare per questo obiettivo nemmeno un giorno. Già nell'ultimo mese di campionato abbiamo notato che le cose giravano meglio: eravamo più squadra, più uniti, più attenti in difesa che era stato il nostro problema iniziale. Quando vedi che la squadra cresce e crede in quello che fa e si crea filing anche negli allenamenti ci credi per forza".

Hai ereditato un Valdagno a corto di identità e lo hai trasformato in una squadra quasi perfetta. Che cosa hai dato come allenatore a questo Valdagno?
"Penso di avere trasmesso ai miei giocatori le cose in cui credo, al di là degli schemi e dei movimenti. Sono concetti che non mi piacciono; nel mio hockey ci sono delle posizioni in pista da rispettare, un ordine complessivo della squadra e allo stesso tempo la possibilità per chi ha i numeri e le giocate personali di poterli esprimere. Un equilibrio capace di mettere insieme le caratteristiche dei giocatori, che ho studiato e che conosco bene, per metterli a loro agio e farli rendere al 100%. Credo di aver lavorato molto su questo e in particolare sulla difesa: se non difendi bene, non vinci niente. Aiutarsi in difesa aiuta anche a fare spirito di squadra e a capire che da soli non si vince, ma si vince in gruppo".

Quale è stato il punto di svolta del campionato del Valdagno?
"Non c'è stato un momento preciso, è stata una progressione. Abbiamo avuto momenti bui dai quali ci siamo risollevati: prima chiudendo bene la regular season, poi recuperando dopo la sconfitta nella prima partita dei play off col Bassano. Devo dire che anche quando abbiamo perso le tre partite di fila che ci hanno fatto precipitare in classifica, non ho visto una squadra che si è fatta troppi problemi; ha continuato a lavorare bene in allenamento senza perdersi d'animo. A partire da gara 2 dei quarti col Bassano, passando alla semifinale con il Lodi e dalla buona prestazione in Eurolega abbiamo trovato quella carica, alimentata anche dall'ottima reazione agli infortuni di Rigo e di Cocco".

Quanto contano i grandi campioni come Oviedo e Nicolia e quanto invece il gruppo in un successo come quello del Valdagno?
"Direi 50 e 50. Io credo che un allenatore non vinca se non ha qualità nei giocatori: dico sempre che se Mourinho allenasse il Vicenza non vincerebbe nè lo scudetto nè la Coppa dei Campioni. Ogni allenatore deve porsi gli obiettivi di stagione in funzione della squadra che allena. Quando arrivi in una squadra con individualità importanti come quelle che ci sono nel Valdagno l'obiettivo dell'allenatore è quello di farle rendere al meglio, calandole però nella realtà della squadra perchè nessuno vince da solo e lo sanno anche i grandi campioni, anche se non sempre è facile farglielo capire. L'importanza dei singoli è fondamentale se questi sono al servizio di un gruppo".

Sei d'accordo se dico che De Oro e Nicoletti hanno avuto una crescita e una maturazione sorprendenti nel corso di questa stagione? Te lo aspettavi?
"E' vero e me lo aspettavo: secondo me non è stata una cosa inattesa. Erano con me a Breganze lo scorso anno ed entrambi hanno fatto un'ottima stagione. Nicoletti da difensore aveva segnato 25 reti e De Oro aveva fatto cose egregie. Certamente ha giovato loro il fatto di allenarsi e giocare a fianco di grandi campioni e in un ambiente fatto da persone serie che danno il massimo anche negli allenamenti. Questi sono esempi con i quali non si può che migliorare".

Dopo due scudetti vinti contro Massimo Mariotti sei ufficialmente la sua bestia nera: che tipo di rivalità c'è tra voi?
"Su questa domanda passo perchè già tre anni fa ci sono state polemiche. Sono stato attaccato e sono state dette cattiverie gratuite sul mio conto e non voglio alimentare ulteriori polemiche".

La squadra neo campione d'Italia sta per essere smantellata: via Oviedo, Tataranni, De Oro. Secondo te c'è stata troppa precipitazione nel costruire il nuovo Valdagno?
"Solo il tempo darà una risposta a questa domanda. Le scelte di cambiamento sono sempre fatte nell'ottica di migliorare l'esistente, ma per dire se questa sarà una scelta vincente dovremo aspettare il prossimo anno e vedere quali saranno i risultati".

E Franco Vanzo che futuro ha: Valdagno o altro?
"Io non vivo di hockey e ho un lavoro impegnativo. L'hockey non è solo un hobby, ma un vero e proprio secondo lavoro per la passione che ci metto. Nelle prossime settimane dovrò incontrare la società per definire il futuro; per scelta non prendo mai impegni a lungo termine perchè devo sempre valutare se riesco a mettere insieme hockey, lavoro e famiglia".

Al termine di questa stagione, qual è secondo te lo stato di salute dell'hockey italiano?
"Se parliamo di club l'hockey italiano non sta male: il Bassano ha vinto la coppa Cers; due squadre sono entrate in finale di Eurolega e avrebbe meritato anche il Viareggio. Il gap sulle spagnole e portoghesi ormai è quasi annullato. Non so se sia merito dei giocatori italiani o degli stranieri che rafforzano i nostri club, ma dal punto di vista delle squadre di vertice, l'hockey italiano non sta male. Probabilmente abbiamo più problemi sulla quantità dei giocatori nell'hockey giovanile che bisogna incrementare anche sfruttando le occasioni che si presentao. Ad esempio, oggi a Valdagno la città vive di hockey e bisogna sfruttare il momento per portare più bambini possibile al palasport. Manca la quantità anche se la qualità c'è, ma senza numeri non si va da nessuna parte perchè nei numeri escono anche campioni".

Parole chiave: Serie A1, Finale Scudetto, Valdagno, Viareggio, Franco Vanzo,
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